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mercoledì 29 luglio 2015

322 - DEFINIRSI POETI

Non mi vergogno quasi di niente, tranne che di definirmi un poeta, mi imbarazza scrivere poeta riferito a me; ma pure riferito agli altri.
Poesia e poeta sono parole usate a vanvera, abusate, svuotate.
Come succede anche alla parola amore, suona di falso e vuoto, a me imbarazza pronunciarla.
Secondo me siamo gente che scrive dei pensieri, che diventano scritti in forma insopportabile e illeggibile quando uno cerca di essere un poeta, aderendo a certi stereotipi, recitando il ruolo.
Anche perché i poeti presenti sui social network oggigiorno sono in gran parte veri e propri malati di mente o repressi sessuali (i peggiori); o laureati in lettere che hanno trovato lavoro solo come spargitore di insetticida nei campi e per dare un valore ai loro studi si mettono a fare i critici letterari piacioni su Facebook, discutendo di metrica con le pensionate; oppure ci sono gli "alternativi" intossicati disadattati che descrivono in versi le loro paranoie e i mal di pancia, tra sballi e sbornie, perché loro si ritengono creature perfette incomprese mentre tutti gli altri sono solo delle merde cattive, così loro soffrono e sono sull'orlo del suicidio a parole, ma spesso li noti pronti a qualsiasi lecchinaggio per avere un qualche riconoscimento sociale, tramite premiazioni anche alla sagra dell'asparago o pubblicazioni con editori sconosciuti.
Restano quelli sinceri o che almeno cercano di esserlo e senza recitare nessuna parte scrivono ciò che sentono il bisogno di scrivere/comunicare.
Nel mio caso sono decenni che scrivo poesie, scrivevo per me stesso, nel 2011, purtroppo per chi non mi sopporta, mi sono collegato al web e le diffondo. A volte rileggendole non mi piacciono, vedo troppe ripetizioni, finali simili e concetti esposti già in altre, mentre altre volte mi piaccio molto e mi basta quello. Ovviamente gli apprezzamenti fanno piacere, se tanta gente mi leggesse mi farebbe piacere, ma non è un mio obbiettivo essere considerato un poeta.
Come dicevo sento pure un certo imbarazzo a dire o sentirmi dire che sono un poeta, mi ricorda il mitico Palmambrogio Guanziroli con "La coltivazione del riso", interpretato da Pozzetto.
Se scrivo una specie di poesie mi pare pure ipocrita dire che non sono poeta, però almeno non mi faccio delle seghe mentali e credo sia questa la cosa più importante.