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lunedì 18 luglio 2016

317 - La realtà e gli stereotipi da salotto

Mi fanno vomitare le varie analisi politiche basate sugli stereotipi da salotto.
Il "prima non eravamo così" non ha nessun riscontro, c'era solo una recita per nascondere l'istintività più becera, ma dietro la maschera erano anche allora uguali, perché ricordo quando ero bambino e non c'erano gli immigrati odiavano i meridionali (alcuni tuttora), prima che nascessi mi raccontavano i miei che c'era il campanilismo, si odiavano e menavano tra abitanti di paesini vicini. Lo esplicitavano meno perché c'erano le due scuole di pensiero indotto che li tenevano a bada, la chiesa/DC e il partito comunista, sorvegliavano i comportamenti e davano una direzione da seguire ai seguaci. Ma col crollo dei partiti e dell'appartenenza religiosa è sparita quell'inibizione, ipocrita ma socialmente utile, che nascondeva il vero schifoso animo di molti.
Aggiungiamoci il crollo delle sicurezze sociali indotto dal capitalismo finanziario basato sulla speculazione, per cui uno teme di perdere il proprio lavoro perché l'immigrato gli fa una concorrenza al ribasso, allora se la prende con l'immigrato e non con chi organizza questa gara al ribasso, aizzato in questo senso anche da certa politica e propaganda mediatica utile allo scopo, mentre i veri beneficiari della guerra tra poveri si arricchiscono, basta guardare al concentrarsi delle ricchezze sempre più in una cerchia ristretta, con l'impoverimento delle altre fasce sociali.
Perciò anche i discorsi che additano i comportamenti attuali che sento fare dagli esperti e dai preti rimangono belle e condivisibili parole, utopiche e innocue al sistema, finché non si attacca il capitalismo finanziario e lo sfruttamento dei lavoratori.
Perché anche con tutta la cultura del mondo, se non trovi un lavoro fai la fame e se per trovarne uno devi lavorare per uno stipendio da miseria e senza diritti, altrimenti un altro disperato straniero se lo prende lui il posto, non se ne esce.